Gli approcci interpretativi allo studio della globalizzazione

Negli ultimi 25 anni, nell’ambito degli studi sul tema della globalizzazione si è sviluppato un approccio variegato alle dimensioni ideative e discorsive della globalizzazione. Berry (2008, 2011) include quattro prospettive principali all’interno di questo approccio: la cosidetta “terza ondata” delle teorie sulla globalizzazione, una prospettiva post-strutturalista, una neo-gramsciana ed una sociologica.

1) La “terza ondata” delle teorie sulla globalizzazione.

Questa prospettiva concepisce la globalizzazione come un insieme di idee, prodotte da alcuni attori economici e politici per giustificare o legittimare il cambiamento, che forniscono cornici cognitive attraverso le quali interpretare la realtà sociale e definire ciò che è economicamente e politicamente accettabile in termini di politiche pubbliche (Hay, 1997, 1999, 2002). Questa prospettiva si concentra sulle analisi empiriche di queste idee, soprattutto nel discorso politico britannico, con l’obiettivo di demistificare la globalizzazione come un’idea falsa (Hay, 1997, 1999, 2002, 2014, 2018; Hay & Marsh, 2000; Hay & Rosamond, 2002; Hay & Smith, 2005; Hay & Watson, 1998; Rosamond, 1999, 2003; Smith, 2005; Watson, 1999). Si sviluppa con le analisi del discorso politico del nuovo partito laburista di Blair sulla globalizzazione (Hay, 1997; Hay & Smith, 2005; Hay & Watson, 1998, Berry, 2008), da cui scaturisce l’ipotesi che il discorso politico della globalizzazione, piuttosto che la globalizzazione stessa, modelli l’azione politica, definendo ciò che può essere politicamente ed economicamente accettabile in termini di politiche pubbliche (Hay & Watson, 1998) e che le istituzioni politiche hanno usato strategicamente diversi discorsi sulla globalizzazione per scopi differenti, al fine di giustificare e legittimare la propria azione politica (Hay, 2002, 2014, 2018; Hay & Smith, 2005; Hay & Rosamond, 2002).

2) La prospettiva post-strutturalista.

La prospettiva post-strutturalista concepisce la globalizzazione come un insieme di narrazioni che danno significato alla realtà ed esercitano il potere riformulando l’immaginario economico collettivo della società sulla base di una compressione spazio-temporale. Il concetto centrale di queste narrazioni è l’emergere di un’economia post-nazionale rappresentata da tre diversi domini: l’economia offshore e globale, l’economia nazionale – che diventa asservita all’economia offshore-globale in quanto gli stati entrano in competizione tra loro per servire l’economia globale – e l’economia periferica dei socialmente esclusi, che deve essere ripristinata per partecipare alla competizione. In questo senso, la globalizzazione prescrive un nuovo ruolo per lo stato come attore economico esclusivo soggetto a una logica economica, piuttosto che capace di plasmare l’economia da un punto indipendente e che quindi dovrebbe relazionarsi con i suoi cittadini solo in termini economici (Cameron & Palan, 2004).

3) La prospettiva neo-gramsciana.

La prospettiva neo-gramsciana concentra la sua analisi sia sulla dimensione strutturale che su quella ideativa della globalizzazione. La prima è concepita come l’emergere di un unico sistema di capitalismo globale e la seconda come la dialettica tra l’ideologia egemonica (la globalizzazione liberale basata sulla teoria ricardiana del libero scambio e sull’individualismo antistatalista) e quella contro-egemonica (la democratizzazione globale dei movimenti globali). Rifacendosi al pensiero foucaultiano (Foucault, 1969, 1971), questa prospettiva considera la globalizzazione come una forma di potere intellettuale che si esprime attraverso il sistema di conoscenze dell’ideologia neoliberale e viene propagata dall’autorità istituzionale (Rupert, 2000; Mittelman, 2004; Antoniades, 2007).

4) La prospettiva sociologica.

Questa prospettiva si concentra sull’idea di globalizzazione come cultura e periodo storico (Berry, 2008). In questo senso, Shaw (1994, 2000) sostiene che la globalizzazione riguarda la produzione di un’identità globalista, all’interno della quale vede, ad esempio, lo sviluppo di una “società civile globale” contro il potere economico e politico globale. Featherstone (1995) e Albrow (1996) concepiscono la globalizzazione come basata sull’idea di mondo come spazio unico. Sia Shaw (1994) che Albrow (1996) propongono l’idea di uno stato globale come modalità di governo più democratica, al posto dello stato-nazione. Naim e James (2005), invece, si concentrano sull’emergere di un globalismo neoliberale, come ideologia del mercato globale. All’interno di questa quarta prospettiva occupa un posto di rilievo la teoria di Manfred Steger (Steger, 2002, 2005, 2008, 2013, 2018, 2019, 2021; Steger & James, 2019, 2020), che concepisce la globalizzazione come una nuova ideologia del globalismo di mercato: un’ideologia egemonica promossa dalle élite globali per legittimare il loro potere, che rappresenta la prospettiva dominante sul significato della globalizzazione e costituisce il prodotto del discorso sulla globalizzazione fatto dai neoliberisti, associando la globalizzazione al mercato, al fine di legittimare la nozione di libero scambio. Attraverso una nuova versione della sua teoria, basata sul concetto di connettività, Steger (2021) sostiene che dopo la crisi planetaria di Covid-19 la globalizzazione non sta finendo, ma si sta radicalmente riorganizzando attorno a una profonda disgiunzione tra la sua dimensione digitalizzata-disincarnata e le sue dimensioni incarnate, rappresentate dalla mobilità fisica globale di esseri umani, oggetti e istituzioni. Questo processo, sostiene l’autore, contribuisce a spiegare le nuove forme di sorveglianza digitale messe in atto dal potere.

Bibliografia

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