La malattia tra mente e corpo

Un approccio integrato mente-corpo alla malattia: il modello psicofisiologico integrato di Vezio Ruggieri

Introduzione

Nel libro “mente, corpo, malattia” del 1988, Vezio Ruggieri presenta un’interessante rilettura in chiave psicofisiologica integrata dei processi fisici e mentali alla base della malattia.

Qui di seguito proverò a ripercorrere i punti salienti del suo ragionamento.

Il testo propone un modello integrato di interpretazione della malattia, basato sulla relazione tra mente e corpo, a partire dalla rilettura di alcuni concetti psicologici legati al tema della somatizzazione.

Generalmente per somatizzazione si intende un processo per cui un contenuto psichico si manifesta sotto forma di una patologia sul piano corporeo. Ruggieri vede il rapporto mente corpo come interazione tra strutture e funzioni a diversi livelli di complessità, regolate da specifici sistemi funzionali (Anochin 1975), di conseguenza la somatizzazione assume un’altra valenza, quale processo in cui questa interazione si blocca a qualche livello, per effetti di processi inibitori-eccitatori dei sistemi funzionali, lasciando che si manifesti solo l’aspetto somatico (Ruggieri 1988); non più quindi come un processo psichico che si manifesta a livello corporeo, quanto piuttosto come un processo che si inceppa nel passaggio dal suo piano corporeo alla sua integrazione sul piano psichico.

Rapporti tra psichico e fisico, mente e corpo

La separazione tra psichico e fisico ricalca la distinzione cartesiana tra res cogitans e res extensa, tra la cosa pensante e la materia, che esprime una confusione tra struttura e funzione (l’affermazione cartesiana:” io sono un essere pensante, quindi io sono il pensiero”). Questa confusione si traduce nella tendenza diffusa in ambito biologico e fisiologico, ed altrettanto confusiva, ad identificare il pensiero con il cervello;annullandone la differenza, quali struttura e funzione.

L’organismo umano può essere considerato come un insieme di funzioni che si sviluppano sulla base di determinate strutture, in cui coesistono contemporaneamente, diversi livelli di organizzazione anatomo-funzionale, a diverso grado di complessità. L’interazioni tra elementi di uno stesso livello crea una nuova struttura di livello superiore, caratterizzata da una nuova specializzazione funzionale.

La psiche, o mente, può quindi essere intesa come un insieme di funzioni, un complesso di comportamenti integrati, per la cui esistenza sono necessarie le strutture (corporee). Quindi il rapporto mente-corpo si può intendere come un rapporto tra struttura e funzione integrate a diversi livelli di complessità.

Dai riflessi ai comportamenti complessi

Il riflesso costituisce l’elemento base dell’attività del sistema nervoso centrale. Nella scala biologica si passa da schemi comportamentali rigidi, di cui la struttura riflessa è l’unico elemento costitutivo, a schemi comportamentali complessi – risultato per lo più dell’interazione di più riflessi – in cui crescono progressivamente i gradi di libertà sia sul versante dello stimolo che su quello della risposta, per arrivare ai comportamenti cosiddetti superiori (quali quelli volontari).

L’attività riflessa è funzione dell’arco riflesso: recettore sensoriale, cellula nervosa recettrice, cellula effettrice e un effettore (di solito un muscolo o un ormone). L’arco riflesso rappresenta un tipo di rapporto tra organismoambiente abbastanza rigido, senza alternative nelle risposte agli stimoli che raggiungono i livelli soglia (quali la regolazione della vita vegetativa: cuore, digestione, etc.).

L’ulteriore passaggio dai riflessi ai comportamenti istintivi è dovuto all’aumento del numero delle unità riflesse costitutive, poiché man mano che si sale nella struttura del sistema nervoso centrale, compaiono aree funzionali caratterizzate da un aumento del numero delle afferenze, attraverso la convergenza di informazioni e ampliamento dei piani dei livelli di risposta: dai riflessi ai comportamenti istintivi, ai processi superiori cognitivi.

I comportamenti cognitivi più complessi rappresentano quindi delle modulazioni di riflessi integrati.

Il sistema funzionale di Anochin

La relazione tra stimoli e risposte si fa sempre più complessa man mano che si va verso livelli superiori. Si produce una convergenza di stimoli su una stessa struttura che elabora risposte che interessano contemporaneamente diversi distretti e presentano un ampio sviluppo temporale. Ci sarebbe quindi un’identità strutturale tra riflessi e comportamenti, le cui differenze consisterebbero nel numero delle afferenze e delle efferenze da integrare ed elaborare.

Secondo il modello del sistema funzionale di Anochin (1975) i comportamenti non sono eventi casuali ma il risultato di un processo che inizia con la sintesi delle afferenze sensoriali; secondo un modello di analisi della figura e sintesi delle informazioni dello sfondo. Raggiunto un certo livello critico dell’eccitazione si ha una presa di decisione, a cui seguono tre fasi:

  1. la programmazione della risposta
  2. la realizzazione del programma
  3. la verifica della corretta esecuzione del programma[1]

La discordanza tra aspettative e risultati provocherebbe una reazione biologica negativa che avrebbe il significato di stop e di inibizione del comportamento programmato.

Anochin definisce il sistema funzionale come un insieme di determinate manifestazioni fisiologiche connesse con una determinata funzione (come gli atti di respirazione, deglutizione e locomotori). Ogni sistema che costituisce un sistema chiuso, agisce grazie ad un costante legame con gli organi periferici ed in particolare con la costante afferenza proveniente da questi organi. ogni sistema funzionale dispone di un determinato complesso di segnalazioni afferenti che indirizza e corregge l’adempimento di questa funzione. I singoli impulsi possono partire dagli organi più diversi e lontani gli uni dagli altri, ma si uniscono nel sistema nervoso centrale (Anochin 1975).

Si può quindi immaginare l’organismo come un insieme di sistemi funzionali che possono essere innati o acquisiti nel corso dell’esperienza individuale. In teoria infatti in questo schema potrebbero rientrare anche schemi di riferimento psicologico, come i modelli culturali e i valori. Uno schema psicologico, come quelli biologici, sceglie in partenza gli stimoli di sua pertinenza e modula le risposte in rapporto ad esse.

Inibizione e patologia

Nella sequenza di eventi che va dallo stimolo alla risposta, l’inibizione può applicarsi a diversi livelli:

  1. agli stimoli sensoriali
  2. alle afferenze sensoriali ed alla loro sintesi
  3. ai programmi formulati dai pacemaker centrali (centri nervosi regolatori e programmatori dell’attività)
  4. all’esecuzione dei programmi (rispetto alle funzioni somatiche che ne consentono l’esecuzione)
  5. agli effetti finali dovuti alla realizzazione del programma

L’inibizione comportamentale può essere espressione di inibizione cellulare particolarmente estesa o di un conflitto tra due programmi comportamentali, può riferirsi a processi che interessano tutto l’organismo o a singoli frammenti di pattern comportamentali, o a singoli atti riflessi e può intervenire sul livello di eccitazione aspecifica del soggetto (attivazione-arousal) o su specifici schemi comportamentali globali (quali l’inibizione del comportamento alimentare).

L’inibizione agirebbe alterando alcuni schemi comportamentali, quali:

  • i comportamenti istintivi (oroalimentare, sessuale e aggressivo)
  • i riflessi integrati (orientamento e difesa)
  • gli schemi riflessi (che possono comparire nell’ambito di comportamenti istintivi, come il disgusto nel comportamento oro-alimentare).

Ogni individuo ha un suo proprio livello di eccitazione tonica, determinato dalla propria storia biologica e culturale, quale equilibrio tra processi di ergotropismo[2] e trofotropismo[3]. La dimensione eccitazioni-inibizione ha un andamento circolare, in quanto livelli particolarmente elevati di eccitazione mettono in moto proporzionali reazioni di tipo inibitorio; quindi condizioni di alta inibizione possono mascherare un alto livello di eccitazione.

Ad un estremo dell’eccitazione possiamo collocare i comportamenti di ansia e le risposte da stress. Al polo dell’inibizione il quadro è più vario, poiché di volta in volta possono essere inibite o le componenti comportamentali o quelle soggettive emozionali (a loro volta legate alle variazioni somatiche).

L’inibizione crea una situazione paradossale in cui una continua eccitazione afferente (provocata dagli stimoli) produce un’attività effettrice massima, che blocca l’evoluzione del processo ma non è in grado di manipolare gli stimoli. Questi ultimi, continuando ad agire, generando un processo inibitorio cronico.

L’inibizione può agire sia sulle componenti oggettive (somatiche e viscerali) che sulle componenti soggettive dei processi psicofisici (piaceredolore). In tal senso l’analisi dei vissuti soggettivi di piacere-dolore nei soggetti con patologia psicosomatica fornisce delle informazioni importanti sulla specificità dei processi inibitori in atto.

Passaggio dalla normalità alla patologia

Secondo il modello di Ruggieri (1988), l’alterazione dell’attività di alcuni sistemi funzionali può dipendere da due aspetti:

  1. la carenza dell’inibizione, che normalmente controbilancia i processi di eccitazione (patologia da carenza di modulatori inibitori centrali e periferici)
  2. l’eccesso di inibizione che altera i sistemi funzionali attraverso la fissazione di un comportamento parzialmente inibito (cronicizzazione) e la frammentazione del pattern comportamentale

Nel primo caso la mancanza di schemi funzionali appresi, impedisce la gerarchizzazione tra gruppi cellulari, dando ruolo a risposte disorganizzate agli stimoli, come ad esempio oscillazioni troppo ampie dei livelli di arousal, che possono tradursi in ansia libera ed angoscia, o reazioni automatiche di tipo inibitorio come reazione a condizioni di iper-eccitazione da mancanza di schemi centrali. Un esempio di patologia prodotta da questo tipo di processi può essere l’obesita con i relativi comportamenti bulimici.

Nel caso in cui prevale l’inibizione, questa può alterare le normali funzioni sia a livello centrale che periferico[4]. Inoltre l’alterazione della bilancia eccitazione-inibizione può cronicizzarsi e diventare un atteggiamento stabile del soggetto.

Normalmente uno stimolo evoca un programma di risposta che si realizza alla periferia del corpo attraverso il sistema neurovegetativo e della muscolatura somatica, determinando un’inibizione dell’eccitazione centrale attraverso una modificazione della relazione con lo stimolo e la produzione di segnali retroattivi di stop.

Nel caso di cronicizzazione delle emozioni si determina una situazione paradossale in cui gli stimoli continuano ad agire evocando continuamente delle risposte che il soggetto cerca contemporaneamente di inibire – come ad esempio la messa in atto di risposte aggressive in risposta a stimoli minacciosi e la contemporanea inibizione degli stessi – bloccando la sequenza in un punto della sua evoluzione o attraverso messa in atto di schemi motori contrapposti o contratture muscolari.

La patologia psicosomatica può ricondursi quindi ad uno spostamento della bilancia eccitazione-inibizione in una delle due direzioni.

Tale percorso dalla normalità alla patologia può essere quindi sintetizzato attraverso le seguenti fasi:

  • Situazione stimolo esterne o interne
  • Risposte emozionali su cui intervengono i meccanismi di inibizione
  • Fissazione della risposta emozionale in un punto della sequenza e frammentazione del pattern comportamentale, che inibisce anche la consapevolezza soggettiva della presenza di una risposta emozionale cronica in atto
  • Modificazione dei normali processi fisiologici che preludono all’insorgenza di patologia

Bibliografia:

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Anochin P. K.: Biologia e neurofisiologia del riflesso condizionato. Bulzoni, Roma, 1975

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Sokolov E. N.: Perception and the conditioned reflex. Pergamon Press, Oxford, 1963

Nota

[1] manipolazione dell’ambiente e attesa degli effetti, che costituiscono a loro volta delle afferenze di ritorno alle strutture centrali per la verifica degli effetti dell’azione

[2] condizione di consumo energetico che appare in diversi contesti come l’ansia e la rabbia, caratterizzata da una prevalenza dell’attività del sistema simpatico, da un alto tono muscolare, da una tendenza alla desincronizzazione dell’attività elettrica corticale, segno di disequilibrio omeostatico

[3] condizione di recupero energetico, che compare in diversi contesti quali il sonno, la veglia rilassata

[4] attraverso concrete modificazioni d’organo e tissutali che interessano le componenti muscolari, vascolari e metaboliche

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