Credo che ci sia da stare molto attenti col mito della “libertà”, che è oggi soprattutto un’arma in mano al neoliberismo globalista per imporre provilegi per pochi (mascherati da lotta per la libertà) e schiavitù per molti.
Mi vengono i brividi a leggere la tanto ripetuta parola “libertà” nei cartelloni delle manifestazioni e nei commenti mediatici sulla questione dell’autonomia della Catalogna perchè mi ricordano, come fossi oggi, la stessa parola “libertà” abusata ai tempi della caduta del muro di Berlino, rivelatasi poi una strategia dell’elite finanziaria globale (consapevole o inconsapevole non fa differenza) per creare nuovi mercati del lavoro a costo quasi zero (leggi: nuova schiavitù) e spingere l’acceleratore sul processo di globalizzazione.
E ricorda molto anche la strana idea di libertà – anch’essa molto manipolatoria – che sta dietro all’altra mitologia globalista delle liberalizzazioni.
Il problema vero mi sembra invece quello di iniziare a pensare seriamente che l'”Europa” cosi burocraticamente e tecnocraticamente violentata rispetto al manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann (inizialmente col titolo ” Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto“), necessiti di un serio processo di riforma per non “buttare via il bambino con l’acqua sporca”; processo che riguarda la profonda crisi di democrazia dei processi decisionali politici ed economici, in Europa e nel mondo e la questione cruciale di come ricostruire una nuova forma di legame sociale fondato sulla partecipazione attiva alla definizione delle politiche pubbliche per la costruzione di un futuro comune migliore, da parte di chi, di queste politiche finisce per farne sempre le spese, a vantaggio dei pochi eletti.
Allora tutta questa smania di separatismo ricorda troppo il motto latino “dividi et impera”, che favorisce sempre il dominio di pochi a discapito dei tanti (ed in questo mi sembra importante culturalmente lo slogan della campagna elettorale di Corbyn: “for the many, not the few”, come critica all’ideologia neoliberista), mentre invece il problema da affrontare e risolvere è come possiamo nel mondo di oggi (cosi com’è, non come lo vorremmo o riteniamo che dovrebbe essere) “vivere insieme”, guardando alle differenze, sempre più ravvicinate dai processi di globalizzazione, non come una minaccia, ma una risorsa per lo sviluppo reciproco in un modo più ricco ed articolato, che solo gli sguardi molteplici e differenziati possono garantire. Ma per far convivere le differenze, senza che deflagrino pericolosamente, c’è bisogno di impegnarsi a costruire insieme nuove regole del gioco della convivenza; liberarsi dalla paura ed iniziare a pensare a come convivere in maniera creativa e produttiva, per il bene comune.