Performance aziendali e benessere organizzativo

Nell’attuale scenario economico-aziendale reso sempre più competitivo dal diffondersi delle logiche della globalizzazione (Enteman 1993, Ghoshal 2005, Green 2016, Hanlon 2018, Locke e Spender 2011, Styhre 2014) un importante contributo della psicologia che si occupa di organizzazioni e lavoro potrebbe essere rappresentato dall’analisi delle relazioni tra benessere organizzativo (Avallone e Bonaretti 2003, Avallone e Paplomatas 2005) e la qualità delle performance organizzative, misurate in termini di produttività e soddisfazione del cliente (Buttle 1996, Nyeck et al. 2002, Silvi 2007, Simons 2004), con riferimento al ruolo che nel determinare il tipo di sinergia tra questi due aspetti giocano gli specifici modelli manageriali (Wilkinson et al. 2017) presenti in azienda.

Tale ipotesi di lavoro scaturisce dalla necessità di far incontrare e mettere in sinergia questi due aspetti della vita organizzativa, che, quando entrano in gioco nelle pratiche manageriali, finiscono spesso per muoversi su due binari paralleli, che raramente dialogano tra loro; come se anche solo pensare a come far star bene a lavoro le persone che contribuiscono direttamente a determinare il successo o meno di un’impresa, sia un lusso per pochi eletti entro l’attuale scenario imprenditoriale ipercompetitivo, in cui la valutazione dell’azione svolta (quando c’è) è quasi sempre di tipo esclusivamente quantitativo (prodotti realizzati e, soprattutto, venduti e quantità di servizi erogati) (Broadbent e Laughlin 2009, Brusa 2007, Bubbio et. Al 2008, Marr 2012, Silvi 2007, Simons 2004).

L’obiettivo di questo tipo di analisi è quindi quello di evidenziare le possibili connessioni tra le diverse modalità di concreta messa in atto, più meno integrate tra loro, di politiche aziendali per lo sviluppo del benessere organizzativo, lo sviluppo delle performance (in termini di prestazioni individuali e aziendali) e la qualità dei prodotti e servizi realizzati ed erogati con le specifiche culture manageriali organizzative del management aziendale. In altre parole, un contributo specifico della psicologia potrebbe essere quello di verificare se, nelle aziende in cui sono in atto politiche per il benessere organizzativo, queste si accompagnano a migliori performance di quelle che caratterizzano le aziende in cui non lo sono e che tipo di relazione c’è tra queste differenze e gli specifici modelli manageriali che indirizzano il funzionamento di quelle organizzazioni.

Le domande a cui dare risposte attraverso questo tipo di analisi sono due:

  1. Il benessere organizzativo influisce, e come, sulle performance aziendali?
  2. I modelli manageriali della direzione aziendale influiscono, e come, sull’adozione ed implementazione di politiche per lo sviluppo del benessere organizzativo e sull’influenza del livello di benessere organizzativo sulle performance aziendali?

Vista la complessità del tema in esame, questo lavoro potrebbe partire, nella forma di uno studio basato sul metodo comparativo (Armer e Grimshaw 1973, Przeworski 1970, Smelser 1982), dall’analisi di coppie di aziende private e pubbliche, operanti nel settore manufatturiero (ad esempio: produzione alimentare, tessile, chimica, meccanica) e dei servizi (ad esempio: trasporti, istruzione, sanità, turismo, ICT), scelte in base alla maggiore condizione di omogeneità rispetto alle caratteristiche di dimensione, attività svolta, localizzazione geografica ed utilizzo di un sistema di misurazione delle performance quanto più simile tra loro (ad esempio secondo il modello della Balanced Scorecard) (Kaplan e Norton 1996, 2008), o dei fattori critici di successo e degli indicatori chiave di performance), differenziandosi solo per la presenta o meno di politiche per la promozione del benessere organizzativo.

Per ciascuna di queste aziende potrebbe essere realizzata una valutazione del livello di benessere organizzativo, una misurazione della soddisfazione del cliente ed un’analisi del modello manageriale della direzione aziendale, nonché un’analisi dei risultati delle misurazioni delle performance già condotte al loro interno; per poi procedere a valutare, il ruolo degli specifici modelli manageriali presenti nelle diverse aziende nell’influenzare la scelta di adottare o meno una politica di sviluppo del benessere organizzativo ed il rapporto tra livello di benessere organizzativo e performance aziendali in termini di produttività e soddisfazione del cliente.

Una delle ipotesi di lavoro di questo tipo di analisi è che l’organizzazione potrà cogliere l’opportunità di mettere in moto un processo di miglioramento se al suo interno vige un buon livello di benessere organizzativo, il che significa, secondo il modello della salute organizzativa di Avallone (Avallone, Paplomatas 2005), che in quella azienda c’è un buon livello di soddisfazione lavorativa legata all’efficacia dei processi comunicativi interni, in termini di condivisione di obiettivi, di leadership e gestione del lavoro di gruppo, di riconoscimento dei contributi del personale, di ascolto attivo, di condivisione delle informazioni, di gestione delle conflittualità, di efficacia dei processi decisionali, di equità di trattamento. Ciò consente di porsi in ascolto del proprio cliente e di coglierne gli spunti per il miglioramento della qualità del proprio lavoro, in un’ottica di scambio reciprocamente produttivo, senza incorrere nel rischio di chiusure difensive autoreferenziali nei confronti del cliente e delle sue esigenze, suscitate dalle condizioni di malessere organizzativo.

Dal punto di vista metodologico, la valutazione del benessere organizzativo potrebbe essere condotta secondo la metodologia messa a punto da Avallone, attraverso l’utilizzo del questionario MOHQ (Multidimensional organizational health questionnaire) (Avallone, Bonaretti, 2003), la misurazione della soddisfazione del cliente secondo la metodologia “MISURE” (Carli e Salvatore 2001, Cavalieri 2003) e l’analisi della cultura manageriale delle direzioni aziendali secondo la metodologia dell’AET – Analisi Emozionale del Testo (Carli, Paniccia 2002).

La valutazione del livello di benessere/malessere organizzativo condotta secondo la metodologia di Avallone (Avallone e Bonaretti 2003) mira a verificare la sussistenza in azienda di una condizione generale di clima lavorativo positivo, che consenta appunto di cogliere questa opportunità di sviluppo, in sinergia con i propri clienti. Sulla base dell’analisi dei dati raccolti attraverso il questionario multidimensionale sulla salute organizzativa (MOHQ) è possibile evidenziare i processi e le pratiche organizzative che incidono sul benessere della comunità lavorativa, inteso come un sistema integrato di relazioni interindividuali, e non come la sommatoria di singole individualità. Nel questionario infatti compare solo una scala riferita alla salute degli individui, quella dei disturbi psicosomatici, mentre tutti gli altri indicatori fanno riferimento a dimensioni relative al rapporto tra individui ed organizzazione, come la soddisfazione, la voglia di impegnarsi per l’organizzazione, la fiducia nel cambiamento delle condizioni negative, la fiducia nelle capacità gestionali della direzione, il risentimento verso l’organizzazione (Colì et al. 2012).

La misurazione della soddisfazione del cliente mediante la metodologia MISURE produce tre output: una segmentazione dei clienti in base alle specifiche modalità di domanda relativa ai prodotti e servizi delle aziende, ossia una categorizzazione per gruppi omogenei delle tipologie di esigenze/bisogni a cui i clienti cercano soddisfazione mediante i prodotti e servizi dell’azienda, ottenuta mediante le tecniche statistiche dell’analisi fattoriale e dei cluster; una misurazione per ciascuno di questi segmenti del livello di soddisfazione/importanza dei servizi/prodotti e gli indicatori di sviluppo organizzativo per il miglioramento dei servizi/prodotti dell’azienda relativi alle specifiche modalità di domanda dei propri clienti (Cavalieri 2003). Tale misurazione fornisce quindi una prima serie di indicatori per il possibile miglioramento organizzativo, finalizzato allo sviluppo della qualità dei servizi/prodotti aziendali. Questi indicatori rappresentano un importante stimolo allo sviluppo dell’orientamento al cliente, ossia allo sviluppo in chiave non autoreferenziale e strettamente tecnica dell’attività aziendale, indirizzando la riorganizzazione dei processi produttivi in funzione dell’integrazione delle competenze e prassi tecniche interne all’azienda con le esigenze e bisogni specifici della propria clientela.

La metodologia dell’Analisi Emozionale del Testo (AET) (Carli & Paniccia 2002) è stata elaborata secondo la logica statistica dell’analisi lessicometrica (Benzécri 1981, Bolasco 1999, Lebart & Salem 1988) entro il modello teorico della collusione (Carli & Paniccia 2002, 2003) fondato sulla teoria bi-logica della mente di Matte Blanco (1975). Essa consente di identificare i modelli culturali che fondano le rappresentazioni emozionate condivise rispetto a specifici temi. In questo caso si intende valutare i modelli condivisi dal management aziendale rispetto al processo di governance aziendale, in rapporto ai propri obiettivi strategici di sviluppo.

Sulla base degli elementi di conoscenza in tal modo raccolti si potrà poi procedere a valutare, comparativamente, il ruolo degli specifici modelli manageriali presenti nelle diverse aziende nell’influenzare la scelta di adottare o meno una politica di sviluppo del benessere organizzativo ed il rapporto tra orientamento al benessere organizzativo nell’organizzazione, livello di benessere organizzativo riscontrato e risultati di performance in termini di produttività e soddisfazione del cliente.

Bibliografia

  • Armer, M. e Grimshaw, A. (eds) (1973). Comparative social research: methodological problems and strategies, New York, John Wiley & Sons.
  • Avallone F. (2011). Psicologia del lavoro e delle organizzazioni, Roma, Carocci Editore
  • Avallone, F., Bonaretti, M. (2003). Benessere organizzativo. Per migliorare la qualità del lavoro nelle amministrazioni pubbliche, Rubettino Editore, Roma.
  • Avallone, F., Paplomatas, A. (2005). Salute organizzativa. Psicologia del benessere nei contesti lavorativi, Cortina Raffaello, Milano.
  • Benzécri J.P. (1981). Pratique de l’Analyse des donnée linguistique et lexicologie, Paris, Dunod
  • Bolasco, S. (1999). Analisi multidimensionale dei dati. Metodi strategie e criteri di interpretazione. Roma, Carocci
  • Broadbent J., Laughlin R. (2009). Performance management systems: a conceptual model, Management Accounting Research, Vol. 20, pp. 283-296.
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  • Carli R. e Salvatore S. (2001). L’immagine della Psicologia. Una ricerca sulla popolazione del Lazio, Kappa, Roma.
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  • Carli, R.& Paniccia, R.M. (2003). L’analisi della domanda: Teoria e tecnica dell’intervento in psicologia clinica. Bologna: Il Mulino.
  • Cavalieri, P. (2003). Misure. Metodologia integrata di misurazione della customer satisfaction, Atti del XXI Convegno Nazionale AICQ Qualità oggi: cosa cambia. Contributi per capire, Roma.
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  • Smelser, N. J. (1982). La comparazione nelle scienze sociali, Il Mulino, Bologna.
  • Styhre, A. (2014),  Management and neoliberalism: conntecting policies and practices, New York & London, Routledge, Book
  • Wilkinson, A., Armstrong, S. J., Lounsbury, M. (eds) (2017). The handbook of management, Oxford University Press.

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