L’ansia, gli attacchi di panico, i comportamenti compulsivi, le ossessioni, la tristezza profonda e onnipresente, i sensi di colpa annichilenti, il senso di impotenza e la mancanza di iniziativa e costanza nell’immaginare e portare avanti progetti e attività, i disturbi psicosomatici, i conflitti e le tensioni interpersonali sono tutti sintomi, segnali di problemi che riguardano le emozioni e le relazioni che popolano la propria vita.
Sono segnali di qualcos’altro, per cui ha poco senso agire su di essi per farli sparire, ad esempio ricorrendo all’uso di psicofarmaci, che eliminano il segnale senza intaccare il problema alla sua base. Un pò come se ogni volta che una spia sul cruscotto della propria auto segnalasse un problema si intervenisse solo per silenziare il segnale, senza agire sul problema a cui si riferisce.
Questi sintomi ci parlano sempre del rapporto tra mente, corpo, emozioni e relazioni, cultura ed è quindi sul piano dell’intreccio di queste dimensioni che va indagato e compreso il loro significato, non solo in senso razionale, ma anche e soprattutto sul piano affettivo.
Ma in questi sintomi c’è anche un’esortazione ad agire sulla propria vita, per cambiare ciò che non va bene e che genera il problema alla base dei sintomi. Cosicchè questi sintomi, troppo spesso vissuti come un nemico da eliminare, sono in realtà il nostro più grande alleato nel ricordarci della responsabilità che abbiamo verso la nostra felicità; responsabilità che deve tradursi nell’impegno a produrre dei cambiamenti nel modo in cui ci si rapporta emotivamente e relazionalmente ai propri contesti di vita, ma anche nella struttura e funzionamento stessi di questi contesti, in un gioco di interdipendenza reciproca tra dimensioni oggettive e soggettive della propria esperienza di vita.
Dal lavoro su questo intreccio di elementi interdipendenti può scaturire una rinascita, una nuova possibilità di vita, migliore, più soddisfacente, felice e più creativamente produttiva, per chi si rivolge allo psicologo.