Per una riflessione condivisa sul senso e l’utilità dello sviluppo locale come sistema strategico per lo sviluppo sociale ed economico dei territori e delle comunità che li abitano, mi sembra interessante proporre una citazione da un testo fondamentale di Alberto Magnaghi, “Il progetto Locale”, edito da Bollati Boringhieri nel 2000 ed in nuova edizione accresciuta nel 2010.
Il testo propone un’idea di sviluppo locale autosostenibile fondato sul concetto di “coscienza di luogo”, intesa come processo di riconoscimento del territorio come bene comune da cui possono scaturire modelli di comportamento sociale autoregolati e virtuosi (Magnaghi 2010).
Questo tipo di lettura dei fenomeni di sviluppo territoriale risulta particolarmente interessante perché pone in evidenzia alcuni temi cruciali di natura socio-relazionale, che in alcuni casi gli architetti e gli urbanisti, più degli economisti, dei giuristi, dei sociologi e forse anche degli psicologi stessi – che dovrebbero essere per antonomasia gli scienziati delle relazioni – hanno saputo cogliere e sviluppare come florido campo di ricerca e intervento interdisciplinare:
“Il territorio è un’opera d’arte: forse la più alta, la più corale che l’umanità abbia espresso. A differenza delle molte opere artistiche (in pittura, in scultura, in architettura) o tecniche che sono prodotte dall’uomo plasmando materia inanimata, il territorio è prodotto attraverso un dialogo, una relazione fra entità viventi, l’uomo stesso e la natura, nel tempo lungo della storia. È un’opera corale, coevolutiva, che cresce nel tempo.
Il territorio è generato da un atto d’amore (inclusivo degli atteggiamenti estremi della sottomissione e del dominio), seguito dalla cura della crescita dell’altro da sé. Il territorio nasce dalla fecondazione della natura da parte della cultura. L’essere vivente che nasce da questa fecondazione (in quanto neoecosistema ha un suo ciclo di vita, è accudito, nutrito, ha una sua maturità, una sua vecchiaia, una sua morte, una sua rinascita) ha carattere, personalità, identità, percepibili nei segni del paesaggio. Il paesaggio come evento culturale nasce nel Quattrocento.
Ma come forma materiale, frutto della relazione fra uomo e natura, esiste dal Neolitico. La nostra civilizzazione tecnologica, nella corsa a costruire una seconda natura artificiale, si è progressivamente liberata del territorio, trattandolo come superficie insignificante e seppellendolo di oggetti, opere, funzioni, rifiuti, veleni.
Il territorio, come ambiente dell’uomo, è moribondo: il nostro modello di civilizzazione ha smesso di curarlo, se non con crescenti protesi tecnologiche. Tuttavia qualcosa non ha funzionato, nel mito prometeico di liberazione. La qualità dell’abitare è andata progressivamente calando. La forma metropoli, nella sua attitudine divoratrice di risorse ambientali, umane e territoriali, nei processi di urbanizzazione accelerata che ha indotto, è fra i principali responsabili del degrado ambientale del pianeta, della crescita esponenziale, insieme alla popolazione, delle nuove povertà nelle periferie di tutto il mondo.
È necessaria quindi una rinascita, attraverso nuovi atti fecondanti, che producano nuovamente territorio, ovvero nuove relazioni fertili fra insediamento umano e ambiente. In questi atti territorializzanti c’è il germe di una autentica e durevole sostenibilità dello sviluppo (che qui chiamo <<sviluppo locale auto sostenibile>>) in quanto ricerca rifondativa di relazioni virtuose, di nuove alleanze tra natura e cultura, fra cultura e storia.
Introducendo il concetto <<autosostenibilità>> declino la parola <<sviluppo>> alludendo soprattutto alla crescita delle società locali e dei loro legami sociali e non alla crescita economica, portatrice ormai di crescenti povertà. Ma non si parte da zero. Sotto la colata lavica dell’urbanizzazione contemporanea, sopravvive attualissima una tradizione di pensiero socio urbanistico <<culturalista>> (da Morris a Kropotkin, da Geddes a Mumford, da Sitter a Unwin) ma soprattutto un ricchissimo patrimonio territoriale, pronto a essere fecondato da nuovi attori sociali che ne prendano cura.
Questo processo è in parte già in atto, là dove più acuta è la percezione del divario tra crescita economica quantitativa e benessere. In questo incontro fra patrimonio ed energie innovative, in una cultura della valorizzazione delle risorse dell’ambiente dell’uomo da parte degli abitanti si trova la chiave strategica per l’autosostenibilità della comunità locale: non certo in ulteriori protesi tecnologiche.”
Riferimenti bibliografici
Bruni, L. (1974). Panegirico della città di Firenze, La Nuova Italia, Firenze, Ed or.: 1465
Bonesio, L. (2007). Paesaggio, identità e comunità tra locale e globale, Diabasis, Reggio Emilia
Cauquelin, A. (2000). L’invention du paysage, Puf, Paris
Choay, F. (1973). Le città. Utopie e realtà, trad. it., Einaudi, Torino. Ed or.: 1965.
Magnaghi, A. (2010). Il progetto locale. Verso la coscienza di luogo, Bollati Boringhieri, Torino
Raffestin, C. (1995). Les conditions d’une écologie juste, in Aa.Vv., Incertaine planète.. XXXV Rencontres internationales, Éditions à la Baconnière, Neuchâtel