In questo articolo voglio proporre un ragionamento rispetto alla gestione della paura e dell’ansia suscitate dalla crisi da coronavirus attualmente in corso, dal punto di vista di due dimensioni psicologiche per eccellenza: le emozioni e le relazioni. Le prime costituiscono le modalità attraverso cui entriamo in contatto con la realtà ed indirizziamo il nostro agire, le seconde costituiscono la rete della vita entro cui siamo iscritti perennemente – da prima di nascere a dopo essere morti – ed entro cui operano le emozioni per consentirci di vivere.
Riflettere sul ruolo delle emozioni, dei sentimenti e, più in generale, della dimensione affettiva della nostra esperienza esistenziale significa poter sviluppare degli strumenti utili a capire cosa fare, come maneggiare dimensioni emozionali quali la paura e l’ansia suscitate dalla situazione globale in cui siamo tutti immersi, per effetto della crisi prodotta dalla diffusione del coronavirus covid-19.
Prima di addentrarci in questa riflessione, va fatta una premessa: per prima Freud e poi gli psicanalisti Ignatio Matte Blanco e Renzo Carli ci hanno mostrato chiaramente come la mente umana funzioni contemporaneamente secondo due logiche differenti: una conscia ed una inconscia.
La logica inconscia, o emozionale, è fondata sui principi di generalizzazione e simmetria, per cui tende a trarre conclusioni di carattere generale e definire leggi universali a partire da uno o pochi casi specifici (da cui la tendenza, in alcuni casi a far di tutta l’erba un fascio), identificando la parte con il tutto e lasciando coincidere gli opposti (si pensi per esempio all’esperienza del sogno oppure all’arte dadaista). La logica conscia, o razionale, è quella corrispondente alla logica aristotelica e si basa su principi di specificazione e differenziazione, volti a creare distinzioni più che a omogeneizzare, ed instaurare relazioni tra elementi, per esempio tra la parte ed il tutto. Potremmo anche dire che la prima – quella inconscia/emozionale – tende a rimuovere il limite, trasformando le esperienze della realtà in dimensioni infinite, col rischio di esserne soggiocati; mentre la seconda – quella conscia/razionale – si fonda sul valore del limite e consente di definire e circoscrivere in forme maneggiabili le esperienze umane.
L’importante è, quindi, integrare queste due modalità di funzionamento della mente umana per far sì che le emozioni – motore principale dell’esistenza umana – possano essere addomesticate, regolate ed utilizzate più funzionalmente per migliorare la vita individuale e collettiva, senza lasciarsene sopraffare. Ma allo stesso tempo bisogna evitare il prevalere del pensiero razionale o, spesso, raziocinante – anch’esso, comunque, sempre espressione di una emozionalità – che potrebbe cadere nella tentazione di estromettere la dimensione emozionale dalla propria vita. Obiettivo centrale diventa, dunque, l’integrazione funzionale di queste due dimensioni, la loro convivenza, orientata allo sviluppo di una migliore vita individuale e collettiva.
Questa dinamica della mente umana è in gioco anche nella gestione di esperienze quali la paura e l’ansia, entrambe dimensioni emozionali, che hanno un’importante ruolo per la sopravvivenza e lo sviluppo della specie umana, se organizzate entro determinati limiti e specificazioni dalla mente razionale e o conscia. Infatti, la paura ci segnala un pericolo a cui far attenzione per la propria incolumità e l’ansia rappresenta uno stato di attivazione psiconeurofisiologica – legata all’anticipazione degli effetti di un pericolo reale o immaginato – utile a predisporre la reazione ad essi. Entrambe sono espressione della modalità con cui ci si rapporta emozionalmente alla realtà intorno a noi e dentro di noi. È necessario, però, integrarle con la razionalità della mente conscia per garantirne la funzionalità rispetto al loro scopo per l’integrità psico-fisica dell’uomo ed evitare che inneschino il processo che conduce all’angoscia, al panico ed alla conseguente chiusura immobilizzante verso la realtà e gli altri.
Ecco, in questo momento la crisi da coronavirus ci pone tutti indistintamente – anche gli operatori delle scienze “psi”, in quanto appartenenti alla specie umana e funzionanti, come tali, secondo queste due logiche mentali, di fronte alla necessità di integrarle rispetto alla gestione di dimensioni quali quelle della paura e dell’ansia.
Come fare a fare ciò? La logica razionale della mente conscia può aiutare a riorganizzare, entro forme finite/limitate e maneggiabili – le esperienze emozionali attraverso il riscontro dei dati di realtà. Si tratta quindi di raccogliere, selezionare ed elaborare i dati della realtà che ci consentono di definire cosa fare rispetto agli stimoli emozionali di paura ed ansia, onde evitare di rimanere imbrigliati in essi e di finire nel panico e nell’isolamento dalla realtà, perché sia la paura e l’ansia, e la realtà sono nostre alleate, non nostre nemiche.
Quindi, innanzitutto, bisognerebbe definire e circoscrivere paura e ansia rispetto a noi stessi ed alle nostre specifiche esperienze di vita su cui impattano. Paura e ansia rispetto al coronavirus hanno un senso emozionale specifico e differente per ciascuno di noi, perché sul piano affettivo significa qualcosa di specifico rispetto alle nostre vite. Dovremmo quindi capire di cosa abbiamo paura e perché, e rispetto a cosa proviamo ansia e perché. Dovremmo capire cosa esse tentano di dirci rispetto alla nostra vita, al come stiamo vivendo. Si tratta della paura della morte? Della possibile morte nostra e dei nostri cari? Dovremmo domandarci allora qual è il rapporto con le nostre vite ed i nostri cari, se, e che senso ha la nostra vita cosi come la stiamo vivendo, o se per caso non ci sia qualcosa da cambiare rispetto ad essa ed al modo con cui ci relazioniamo ai nostri cari. E, soprattutto, dovremmo domandarci se la vita ed i rapporti che viviamo fanno bene a noi e a chi ci sta intorno e si relaziona con noi.
Allora, molto probabilmente, questa paura e quest’ansia, che stiamo vivendo in questo momento, ci stanno richiamando – tutti – ad una riflessione profonda, ed eventualmente a dei cambiamenti, rispetto alla qualità delle nostre vite e delle nostre relazioni. E questo è qualcosa su cui si può cominciare a lavorare – ognuno con sé stesso – da subito, per cominciare a pensare a come cambiare le nostre vite da subito, non dopo che saranno superate le restrizioni alla nostra mobilità e alla possibilità di contatto fisico e di espressione affettiva con gli altri imposte dalle norme di contenimento della diffusione del virus.
Pur richiedendo, ovviamente, per una loro piena espressione la piena libertà di contatto fisico, di movimento, di dialogo anche critico e contraddittorio, di democrazia e pieno esercizio dei diritti che in questo momento sembrano essere in stand-by in attesa di tempi migliori e più sicuri, questo cambiamento della qualità relazionale delle nostre vite può iniziare subito.
Quindi diventa fondamentale non isolarsi, ma cercare altre modalità di sviluppo delle relazioni significative, ad esempio attraverso il telefono, attraverso internet (Skype, Whatsapp, Telegram, Facebook, Signal, etc.), attraverso la posta (si, le lettere possono essere un nuovo vecchio strumento di comunicazione relazionale), come anche attraverso i balconi e le finestre.
Tutti questi canali comunicativi, analogici o digitali, ci consentono di restare in contatto e sviluppare la nostra relazionalità. Anzi, c’è da dire che paradossalmente, proprio in questo momento di isolamento fisico tra le persone, si sta sviluppando la capacità di restare in contatto e sviluppare relazionalità anche a distanza. Come sempre, di fronte al limite, l’intelligenza umana cerca e trova delle soluzioni e delle strategie per la propria sopravvivenza.
Ci sono poi altri due aspetti cruciali su cui riflettere: il primo è rappresentato dalla natura “patogena” del linguaggio mediatico con cui si sta facendo comunicazione sulla crisi da coronavirus, costruendo un discorso pubblico sul tema che prende le forme di un sapere comune, spesso a senso unico e senza possibilità di contraddittorio, che fondano una condizione di verità, un sapere che diventa fonte di potere rispetto alla situazione in corso, per dirla alla Foucault; il secondo è rappresentato dall’utilità e quasi necessità di trovare modalità antagoniste della paura e dell’ansia per gestire le nostre esperienze esistenziali quotidiane rispetto alla situazione in corso, per sostenere il mantenimento e lo sviluppo del nostro equilibrio psicofisico e, di conseguenza, rafforzare il nostro sistema immunitario di fronte all’eventualità di dover fronteggiare la malattia, nel caso si contraesse il virus.
Rispetto alla modalità di comunicazione ed informazione mediatica delle vicende legate alla diffusione del coronavirus covid-19 c’è da rilevare come essa risulti organizzata secondo la logica del “doppio legame” o “doppio vincolo”, individuata negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso dagli esponenti della Scuola di Palo Alto negli Stati Uniti (Watzlawick, Bateson, ecc.) come uno dei fattori alla base della schizofrenia. Si tratta cioè di un tipo di comunicazione in cui, allo stesso tempo, vengono mandati due messaggi contraddittori rispetto ai quali non si riesce a scegliere a quale dare priorità e far prevalere per dare senso alla propria esperienza, col rischio che la mente a un certo punto, per difendersi dalla minacciosità di tale comunicazione, si ritiri dalla realtà, perdendo il contatto con essa e costruendo una realtà difensiva totalmente soggettiva, che porta al delirio prodotto dalla cortocircuitazione dell’interazione tra logica emozionale e razionale della mente.
Perciò, a fronte di una comunicazione mediatica che sul piano verbale cerca di tranquillizzare, dicendo che “ce la faremo”, che “tutto andrà bene” etc., e sul piano più fattuale blocca tutto, isola le persone, impedisce la mobilità, lasciando percepire l’eccezionalità della gravità della situazione, senza pari con nessun’altra condizione precedente (come, ad esempio, il fatto che una condizione di sospensione della libertà come quella corrente non era stata sperimentata dai tempi della seconda guerra mondiale), non è così strano aspettarsi l’esplosione di vissuti di paura ed ansia, nonché di impotenza immobilizzante. Allora diventa fondamentale capire che siamo esposti a degli stimoli – un tipo di comunicazione di questo tipo – che non possono che generare paura ed ansia, e quindi ricondurre buona parte di questi vissuti alla modalità con cui si sta parlando di questa vicenda nei mezzi di comunicazione di massa.
E contemporaneamente, gli stessi mezzi di comunicazione di massa minimizzano, se non proprio tacciono del tutto di quegli elementi che – secondo la logica conscia della mente – potrebbero contribuire a circoscrivere il senso della paura e dell’ansia, come ad esempio le informazioni fornite dall’Istituto Superiore di Sanità (Report sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia) rispetto alle percentuali di morti imputabili esclusivamente a coronavirus (il 20 aprile 2020 l’Istituto Superiore di Sanità dichiarava che su un campione di 21.551 pazienti deceduti e positivi all’infezione da SARS-CoV-2, i 1890 di cui è stato possibile analizzare la cartella clinica presentavano in media 3,3 patologie prima di contrarre l’infezione e solo 70 non presentavano altra patologia prima di contrarre l’infezione), cosi come della specificità dei numerosi fattori in gioco nel portare alla morte i malati di coronavirus, quali le condizioni eccezionali di inquinamento della Lombardia rispetto al resto d’Italia, il ruolo della co-morbilità (presenza di più patologie contemporaneamente) e conseguentemente dei possibili effetti collaterali e debilitanti per il sistema immunitario dei farmaci assunti per queste malattie.
Ed ora veniamo all’ultimo punto: come antagonizzare ansia e paura, per potenziare il proprio equilibrio psicofisico ed il proprio sistema immunitario. Paura e ansia rientrano nei processi neurofisiologici che innescano i meccanismi di reazione allo stress, i quali però, se non trovano un’adeguata soluzione alle condizioni di stress e si cronicizzano, possono intaccare il sistema immunitario e condurre allo sviluppo di malattie. Principalmente, i meccanismi di risposta allo stress sono di due tipi: l’attacco e la fuga. O si riesce ad aggredire le fonti di stress per eliminarle o si fugge da esse. In questo momento però noi siamo tutti immersi in una condizione che tende ad inibire entrambe queste possibili soluzioni: non possiamo aggredire la fonte di stress, perché non la conosciamo bene e quindi non sappiamo cosa e come aggredire; né tantomeno possiamo fuggire, perché il fenomeno è globale, non c’è un luogo dove poter fuggire; oltre al fatto che siamo immobilizzati in casa, come strategia di contenimento della diffusione del virus.
Quindi, in qualche modo, bisogna sviluppare una strategia differente. Sembrerebbe che si debba innanzitutto trovare una strategia per convivere con la condizione di incertezza che circonda tutto questo fenomeno, mentre si sviluppa una maggiore conoscenza e comprensione dello stress, per poter agire efficacemente.
Allo stesso tempo, mentre si fa questo, bisognerebbe cercare di mettere in atto delle strategie antagoniste a quelle della paura e dell’ansia, che inneschino processi psiconeurofisiologici volti allo sviluppo del piacere, del benessere, dell’affettività positiva, per il rafforzamento del sistema immunitario. Quindi da un lato bisognerebbe sottrarsi all’irrorazione di una comunicazione mediatica potenzialmente patogena – per i motivi sopra descritti – puntando su una ricerca più razionale, argomentata ed ancorata a dati ed interpretazioni dei dati adeguati, per la conoscenza del fenomeno in atto ed allo stesso tempo individuare e sviluppare esperienze e pratiche che alimentino il piacere, il benessere e la serenità – invece della paura – e quindi crearsi condizioni per dedicarsi ad esperienze piacevoli legate al bello, quindi ascoltare la musica che ci piace o che ci fa rilassare, dedicarsi a un hobby che ci gratifica, contemplare la bellezza della natura (anche solo un tramonto per chi non avesse bei paesaggi da contemplare), guardare foto o documentari di arte, fare pratiche di rilassamento come yoga o meditazione, discipline per il riequilibrio energetico come taiji quan e qi gong, coltivare i propri affetti; seguire un’alimentazione equilibrata, integrata da probiotici e vitamine, come ci suggeriscono diversi medici, che stanno appunto cercando di promuovere un’informazione rispetto al rafforzamento del sistema immunitario, come Roberto Gava, Carlo Alberto Zaccagna, Franco Berrino, Luc Montagnier, Alberto Donzelli. Ma qui sconfiniamo oltre il mio campo di competenza specifica e quindi mi fermo.
Onestamente non so se andrà proprio tutto bene, però possiamo cercare di scoprirlo arrivandoci nel miglior modo possibile dal punto di vista del nostro equilibrio psico-fisico.
So Mario, comp estaed in Italy. con virus Aqui ok. Also want to know what’s but opinion in Body Experiment and mind control which started long time ago.? All over the nation’s Ciao
Melly Schwenn
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Thanks for your comment. It is a complex question, concerning the modality of power management that Foucault indicated with the concepts of governmentality and biopolitics, which call into question the issues of hegenomy and counter-hegemony. The latter can be produced starting from the development of an active, global citizenship, similarly to the nature of the processes of manifestation of power. In this regard, you can read this report of a research I conducted about the ways in which Davos’ elites conceive the idea of globalization: https://www.tni.org/en/article/davos-discourse-drives-cultural-hegemony
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