Il tema della globalizzazione è stato affrontato da diverse prospettive teoriche (Berry 2008, Martell 2010).
L’approccio neoclassico (Ohmae 1993, Wolf 2005), che per primo ha definito il concetto ed è attualmente dominante, tendeva a proporne una visione strutturale, identificando il concetto con le trasformazioni materiali dell’economia in senso globale.
Approcci differenti – per lo più di matrice neo-gramsciana – hanno evidenziato invece la natura ideativi del fenomeno, inteso come processo di interpretazione delle trasformazioni in corso, sul piano economico, ma anche politico e culturale (Hay 1998, Hay e Watson 1998, Cameron e Palan 2004, Mittelmann 2004, Antoniades 2007, Shaw 1997, Steger 2002).
L’ipotesi che intendo sostenere con questo scritto è che sia utile approfondire l’analisi della globalizzazione come rappresentazione più che come dato di fatto, evidenziando il complesso processo di influenza sociale attraverso il quale si viene a proporre come naturale e scontata, una visione della realtà fortemente ancorata ad un’ideologia di matrice neoliberista, che impone un’egemonia culturale , qualificando e mettendo in fuorigioco ogni altra lettura dei processi di trasformazione economica, politica e sociale attualmente in corso a livello globale.
E propongo di affrontare questo tipo di analisi del fenomeno della globalizzazione attraverso una prospettiva di tipo psicoanalitico, volta ad evidenziare il ruolo dei processi emozionali/inconsci nell’interpretazione e costruzione della realtà sociale, sulla base della teoria della collusione[1] (Carli 1990, 1995; Grasso e Salvatore 1997).
La globalizzazione come discorso egemonico.
Nell’ambito della più vasta letteratura sulla globalizzazione (Martell 2010), alcune prospettive di ricerca si sono già soffermate sull’analisi della natura ideativa della globalizzazione, intesa come processo interpretativo delle trasformazioni in corso sul piano economico, politico e sociale, a livello globale (Hay 1998, Hay e Watson 1998, Cameron e Palan 2004, Mittelmann 2004, Antoniades 2007, Shaw 1997, Steger 2002).
Da questa analisi è emersa un’immagine della globalizzazione come discorso egemonico ideologicamente fondato – in senso neoliberista – promosso dalle elite globali allo scopo di legittimare e mantenere il proprio potere, influenzando l’immaginario collettivo e l’azione di policy a livello globale.
Presupposti teorici di un’analisi discorsiva della globalizzazione come ideologia.
Diversi sono i riferimenti teorico-metodologici sulla base dei quali ipotizzo l’utilità di affrontare l’analisi del fenomeno della globalizzazione quale processo di costruzione sociale della realtà in chiave egemonica:
- la prospettiva ideativa allo studio della globalizzazione (Hay 1998, Cameron e Palan 2004, Mittelmann 2004, Antoniades 2007, Steger 2002), che mette a fuoco la natura discorsiva e ideologica della globalizzazione
- l’approccio interpretativo all’analisi delle politiche pubbliche (Fischer e Forrester 1993, Dryzek 1990, Yanow 1996), che pone in evidenzia il ruolo delle componenti culturali (idee, valori e credenze) in questi processi, definendoli come pratiche discorsive volte ad interpretare i problemi oggetto di policy e che, nel far questo, orientano il policy making
- i modelli di tipo socio-costruttivista, che pongono in rilievo il ruolo dei fattori socio-culturali nel motivare l’azione sociale (Berger & Luckmann 1966, D’Andrade & Strauss 1992, Farr & Moscovici, 1984, Geertz 1973, Holland & Quinn 1987, Salvatore 2006)
- le teorie di matrice psicoanalitica basata sul costrutto di simbolizzazione affettiva (Carli e 1990, Fornari 1981, Matte Blanco 1981, Grasso e Salvatore 1997), che evidenziano il ruolo delle componenti inconsce nei processi di simbolizzazione della realtà alla base dell’azione sociale
- le diverse prospettive di analisi del discorso, di matrice sociolinguistica, statistica e psicoanalitica (Carli & Paniccia 2002, Bolasco & Cipriani 1995, Fairclough 2006, Lancia 2004, Salvatore 2004, Van Dijk 2008), che evidenziano la natura discorsiva dei processi sociali
Obiettivi
Un approccio di questo tipo al fenomeno della globalizzazione mira a verificare le seguenti ipotesi:
- la globalizzazione costituisce una rappresentazione delle trasformazioni in corso a livello globale e non le trasformazioni in sé
- tale rappresentazione influenza l’agire sociale e quindi le politiche pubbliche
- tale rappresentazione ha una duplice natura, razionale/conscia ed emozionale/inconscia e la seconda ricopre un ruolo centrale nel determinarne gli effetti sociali
- la rilevazione di tali componenti affettive consente di individuarne possibili prospettive di sviluppo economico e sociale, secondo una logica di maggiore equità, democrazia, sostenibilità sociale, economica ed ambientale e qualità della vita
Bibliografia
Antoniades, A. (2007). ‘Examining Facets of the Hegemonic: The Globalization Discourse in Greece and Ireland’ in Review of International Political Economy 14(2), pp306-32.
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Yanow, D. (1996). How Does a Policy Mean? Interpreting Policy and Organizational Actions, Georgetown
Note
[1] Secondo questo modello teorico, per collusione si intende il sistema di simbolizzazioni affettive condivise entro un contesto da parte di chi vi appartiene. Il concetto di simbolizzazione affettiva, elaborato da Freud (1900) e sviluppato da Fornari (1975) e Matte Blanco (1981), mette in evidenza il ruolo della componente emozionale-inconscia della rappresentazione della realtà, quale fattore motivante dell’agire umano.
In particolar modo secondo la rielaborazione del concetto basata sulla teoria della bi-logica di Matte Blanco (1981), la mente umana funzionerebbe secondo due logiche, una inconscia e l’altra cosciente; la prima, basata sui principi di generalizzazione e simmetria, tende all’indifferenziazione; la seconda, fondata sul principio d’identità e non contraddizione, orientata a stabilire relazioni tra i diversi aspetti della realtà mediante il pensiero (Carli, 2001; Carli e Giovagnoli, 2010). A queste due logiche corrispondono due modi differenti di rapportarsi alla realtà: una operante mediante le emozioni (Carli e Paniccia, 2002) e l’altra funzionante in base ai significati cognitivi (Carli, 2001).
Il pensiero viene in tal senso inteso come un mezzo per elaborare le emozioni evocate dalla realtà ed orientare l’azione in maniera funzionale ad essa. Il prevalere di modalità di rappresentazione della realtà esclusivamente ancorate a vissuti emotivi, trasforma l’azione in agito (o acting out), quale scarica impulsiva dell’emozionalità evocata dalla realtà, senza la mediazione del pensiero (Carli, 2001).
La teoria della collusione (Carli 1990, 1995) sottolinea la natura sociale di tali processi, tale per cui persone che partecipano ad uno stesso contesto sviluppano modalità comuni di rappresentazione della realtà, che ne orienta l’azione secondo determinati schemi.